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Indra, il re dei pianeti celesti, era diventato molto orgoglioso della propria immensa ricchezza e gloria. Un giorno, seduto sul suo trono, circondato dai più alti essere celesti, vide entrare nella sala Brihaspati, sacerdote e maestro spirituale dei Deva. Indra era così pieno di sé che non reputo necessario alzarsi e inchinarsi al proprio precettore. Brihaspati semplicemente lo guardò e se ne andò. Indra si rese conto del proprio errore: senza l’aiuto del maestro non sarebbe mai stato in grado di sconfiggere l’esercito dei demoni. Decise così di cercare il proprio Maestro per chiedere scusa, ma non lo trovò poiché Brihaspati si era reso invisibile.

Indra, in cerca di un nuovo precettore, si rivolse allora a Vishvarupa, ma, dopo un buon inizio, la spocchia di Indra porto disaccordo tra i due e questi uccise il nuovo maestro.
Il padre di Vishvarupa allora decise di vendicare la morte del figlio e, attraverso un potente rito, creò un demone di nome Vritra, che fece tremare il mondo.

Il mostro, dietro ordine del suo creatore, radunò un esercito enorme di spaventosi demoni col quale sconfisse i Deva capeggiati da Indra.
Indra decise allora di chiedere aiuto a Brahma che gli disse che l’unica arma in grado di distruggere Vritra era quella creata dalle ossa adamantine del Rishi Dadichi. I Deva andarono presso il suo ashram e trovarono un posto dove gatti e topi, tigri ed elefanti, manguste e serpenti giocavano in pace. Nessuno aveva intenzione di far male all’altro grazie alla vicinanza del grande saggio.

Dadichi li accolse: “Qualunque sia il motivo per cui siete giunti, sarete accontentati”. I Deva raccontarono tutto e chiesero al saggio di rinunciare al suo corpo per il bene del mondo. Dadichi non esitò. Entrò in samadhi, abbandonò il proprio corpo e raggiunse Brahman.

I Deva allora poterono costruire diverse armi, tra le quali il vajira, che fu ricavato dalla colonna vertebrale del saggio.
Il combattimento tra Indra e Vritra fu feroce e di grande insegnamento per Indra. Vritra, nonostante le numerose ferite, combattè fino all’ultimo accettando con totale abbandono e fiducia l’esito finale della battaglia.