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Varanasi 2024 – giorno 8

Ultimo giorno in India, prima del ritorno Milano. Oggi Sabrina mi ha chiesto se fossi dispiaciuta di tornare a casa o se fossi contenta. Ovviamente sono contenta di tornare a casa, mi mancano tutti i miei cari, bipedi e quadrupedi, ma altrettanto ovviamente (o forse no), dopo un’esperienza così profonda la partenza è sempre un po’ uno strappo. 

E infatti stamattina, dopo la pratica e la colazione, apriamo la giornata con un bel pianto. Le maestre della scuola ci hanno chiesto di tornare questa mattina. 

Tutti in fila e coi fazzoletti in tasca  ci presentiamo nel cortile, dove troviamo una serie di panche sistemate in fila davanti a un gruppo di bambini/ragazzi di varie età che ci aspettano con dei biglietti in mano. Groppo in gola. Ok, cerchiamo di contenerci. Piangere davanti a questi bambini sarebbe davvero fuori luogo. Uno ad uno ci chiamano, i bambini arrivano con il loro bigliettone e ce lo consegnano di persona. Ok, la posso gestire, ce la posso fare. Al termina della consegna Max mi chiede di aiutarlo a registrare un reel da far girare sui social per annunciare che in autunno faremo una pratica per raccogliere fondi da inviare direttamente alla scuola. E mentre Max parla, e si emoziona, e dice che è difficile, io mi metto a piangere. Sono davanti a tutto il gruppo, col telefono in mano e i lacrimoni agli occhi e più cerco di non piangere e peggio va. E, insomma, un po’ alla volta vedo che siamo tutti sulla stessa barca. E Sudanshu ci sta registrando.

Rientriamo all’ashram giusto in tempo per l’arrivo di Giulia, che ci tiene una splendida lezione sui Veda. Dice che è la prima volta che insegna a qualcuno, è davvero in gamba. Decide di magiare con noi, non prima di avermi insegnato a indossare il saree che mi sono comprata. Essendo nuovo la stoffa è molto rigida, per cui addosso fa uno strano effetto legnoso, ma una volta lavato sarà bellissimo. Faccio un po’ di prove arrotolandomi nella striscia di stoffa, facendo pieghe da una parte e dall’altra. La prossima volta che verrò in India sarò pronta. Dopo pranzo abbiamo una sessione di mantra chanting con Ajeet. Ormai non ci legge nessuno la targa. Siamo pronti per l’aarti di questa sera. 

Decidiamo di fare l’ultimo giro ai Ghat. In Tuk Tuk subiamo l’umiliazione finale: ieri il bambino che ci ha superati, mentre stavamo andando, era in bici, oggi no, era a piedi. Una jeep becca un marciapiede e si schianta contro un muro. Riparte. Senza una piega, senza un controllo, come se fosse tutto normale. E forse lo è. 

Oggi si sta bene, ci sono “solo” 38 gradi e tira un’arietta gradevole. Dobbiamo prelevare, ma tutti i bancomat, che assomigliano di più a delle lavanderie a gettoni che a dei bancomat, non funzionano. Vediamo un cartello che indica una Banca d’India. Seguiamo le indicazioni che ci portano in un palazzo che ha tutta l’aria di essere o in costruzione o in demolizione. Saliamo le scale e ci troviamo su un pianerottolo pieno di calcinacci. Sulla sinistra una grata arancione sgangherata “protegge” una porta di vetro, chiusa da una catena e un lucchetto. La banca. Torniamo giù, rischiando di fare il volo della giornata a causa della polvere che rende gli scalini scivolosi. Proviamo ad andare avanti e a un certo punto troviamo un luogo dove poter cambiare. Evviva! Saliamo le scale e ci troviamo davanti un signore con i baffi e i capelli da Playmobil, seduto in mezzo a uno standone polveroso pieno di mobili sparsi senza un senso, vuoti. Gli spieghiamo che vorremmo cambiare e lui con aria molto professionale ci invita a  accomodarci su degli improbabili sgabelli ricoperti di velluto. L’aria è pesantissima, fa un caldo torrido in quel posto e il velluto sotto il sedere non migliora la situazione di certo. Max gli porge i soldi da cambiare e lui tira fuori da un cassetto una calcolatrice enorme, ovviamente polverosa, come tutto il resto, d’altra parte. Max vede sul tavolo un mazzo di chiavi dal quale penzola un gada, la mazza di Hanuman come portachiavi, ed esclama: Jay Shri Ram! L’uomo si illumina,  mostrando una dentiera bianca. Buona giornata!

La sera è costellata da riti ed emozioni. È difficile spiegare a parole quello che è successo questa sera, non lo descriverò, lascerò scorrere le immagini: scendere a piedi nudi la scalinata che porta dall’ashram al Gange, lanterne che galleggiano al buio, una dietro l’altra, silenzio, vicinanza e gratitudine, aarti, sorrisi, canti, battere di mani, tamburi, Sunny, il cane, che canta con oi, tara che batte il tempo, Shanka che chiama, ancora emozioni, puja davanti al fuoco, mantra.

Come chiusura ci troviamo tutti nel gazebo del guru, simile a una pagoda. Siamo tutti in cerchio, con la coda dell’occhio vedo Alberto, ma qualcosa non mi torna: è in ginocchio, perché non ci sta in piedi. È in ginocchio ed è alto come me. Silenzio.

La cena passa silenziosamente. Tejbal si presenta con una vasca da bagno di Gulab Jamoon, i dolci preferiti da Max, una roba da diventare diabetici solo a guardarli. Ha preso anche dei dolci da portare a Milano a Edo, che è stato un po’ il grande assente di questo viaggio. Lo aspettavano tutti con ansia. Valigia fatta, tutto pronto. Alle 3.50 arriva il pullman e inizia il viaggio!

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