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Sabato 24 luglio, con la luna piena gli induisti festeggiano Guru Purnima, una festa spirituale dedicata alla figura del maestro e di chi segue un percorso spirituale.

In quest’occasione viene festeggiato il saggio Vyasa, ritenuto il maestro che trasmise la sacra conoscenza dei Veda ai suoi discepoli in nome del bene dell’umanità.

Ci fu un tempo in cui un pescatore trasportava da una sponda all’altra dello Yamuna i passeggeri in viaggio. Yamuna è una dea sotto forma di fiume sacro, figlia di Sūrya, il sole. Si dice che chi si bagna nelle sue acque ottenga la liberazione da ogni errore.

Un giorno il pescatore, di ritorno da pesca, aprendo il ventre di un pesce trovò una coppia di gemelli; un maschio e una femmina. Incredulo, si rivolse al re per sapere come potesse essere possibile. Questi gli rispose che quella nascita era frutto di decisioni divine e decise di tenere con sé il maschio, che crescendo divenne il re dei pesci e fu chiamato Matsyendranath. La bambina fu allevata dal pescatore che decise di chiamarla Kali per la sua pelle scura e Matsyagandhi per l’odore di pesce che emanava a causa dei suoi natali. Successivamente il suo nome cambiò in Satyavati. La ragazza cresceva bella e virtuosa e spesso aiutava il padre a traghettare le persone da una sponda all’altra dello Yamuna, ma era disperata per il suo odore. Un giorno, mentre il pescatore stava riposando, arrivò un rśi di nome Paraśara, che aveva bisogno di passare dall’altra parte del fiume. Non appena vide Satyavati, tuttavia, se ne innamorò e, durante la traversata, fu colto da un’improvvisa ondata di passione per la ragazza, che non osò opporre resistenza per timore di una maledizione da parte del rśi in caso di rifiuto. Il rśi creò un’isola proprio in mezzo al fiume, circondata da una fitta nebbia, in modo che nessuno potesse vederli e, alla fine della loro unione, grazie ai suoi poteri, sostituì l’odore di pesce che lei emanava con un delicato profumo di muschio.

“Ora puoi tornare nel tuo mondo, ma prima partorirai un figlio destinato a diventare un grande rśi”. E così accadde. Satyavati partorì un bambino che divenne subito adulto, con un aspetto forte e vigoroso.  “Madre, ora vai, non ti preoccupare per me. Quando avrai bisogno pensami ed io arriverò subito in tuo aiuto”. Vyasa si allontanò e iniziò così nella foresta la sua lunga vita di tapas, meditazioni offerte e devozione.

Si ritiene che Vyasa abbia scritto anche il Mahabharata, dove compare. La parola Guru è composta dalle radici sanscrite gu e ru. Gu significa buio, ignoranza, mentre ru indica colui che rimuove il buio. In questo giorno gli studenti manifestano la propria riconoscenza ai propri maestri. Tra i praticanti di yoga si celebra il giorno in cui Śiva divenne il primo guru trasmettendo la tradizione dello yoga ai saptarśi, i 7 saggi.

La leggenda narra che, più di 15.000 anni fa, uno yogi apparve nelle regioni dell’Himalaya. Nessuno conosceva la sua provenienza, ma la sua presenza era straordinaria e attirò numerosissime persone. In apparenza non mostrava segni di vita, a parte qualche lacrima occasionale dovuta a estasi. La gente cominciò ad andarsene. Rimasero solo 7 persone. Quando lo yogi aprì gli occhi i 7 uomini gli chiesero cosa stesse facendo e cosa stesse provando, ma lo yogi li cacciò. I 7 rimasero e, alla fine, l’uomo gli diede delle indicazioni su come fare per prepararsi a fare ciò che stava facendo lui e chiuse nuovamente gli occhi. I 7 eseguirono quanto gli era stato detto. Passarono giorni, settimane, mesi, anni, ma lo yogi non apriva gli occhi.

Dopo 84 anni di sādhana (pratica), durante il solstizio d’estate, lo yogi li guardò di nuovo; erano diventati luminosi ricettacoli, impossibili da non notare. Il giorno successivo, durante la luna piena, lo yogi si girò verso sud, davanti ai 7 uomini. Śiva adi-yogi divenne adi-guru e i 7 uomini divennero i saptarśi, i 7 saggi che portarono la conoscenza ricevuta in giro per il mondo.