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Nono giorno – Ultimo

E anche questo viaggio volge al termine. E come sempre sembra di essere arrivati ieri. E come sempre il gruppo, dapprima a tratti un po’ diffidente e guardingo, trova i suoi equilibri. 

Questa mattina noi “indipendentisti” siamo andati diretti sul tetto. Il gruppo era più numeroso. Anche i panni stesi sul tetto erano più numerosi. Non avevo mai fatto yoga tra le mutande e i leggings appesi, e devo dire che ha un suo fascino. Sembra vi essere ne “Le fate ignoranti”. 

 

Giù, nella shala è comparso nuovamente il fotografo, che, mentre stavamo praticando, ha fatto capolino anche sul tetto. Si guarda intorno, scatta qualche foto, poi mi chiama, mi molla in mano la macchina la fotografica: “Can you take photos?”

E se ne va. Basita, rimango con la macchina in mano tra l’ilarità degli altri.

Ma poteva essere finita? Ovviamente no, siamo in India. Mentre pratichiamo spunta sul tetto un ragazzo con il bucato. Ci guarda un po’ sconcertato. Aspetta, ma la pratica non finisce, così, quando un’altra ragazza sbuca dalla scala per ritirare una maglietta, scavalcando un paio di praticanti, lui prende coraggio, fa lo slalom tra i tappetini, e senza fare una piega comincia a stendere.

Molto bene. Dopo tutto è facile praticare quando sei in una shala, al silenzio, con nessuno che ti disturba. Prova tu a praticare con uno che ti stende di fianco.

A colazione ci sono i miei preferiti! Gli gnocchi fritti indiani. Come sempre ne mangio una quantità smodata. Decidiamo di non tornare a pranzo per concludere le ultime commissioni. Io devo accompagnare Irina in farmacia e Mara a comprare una giacca perché ha lasciato la sua all’aeroporto di Delhi all’andata. Chiedo a Rameshji dove posso a trovare una farmacia fornita e lui mi dice che ci porterà Rajesh, un ragazzo, a dire il vero un po’ strambo, che lavora da lui. “Come at one”. 

Vado a fare la valigia, penso. Sono le undici, ho tempo. Mentre comincio a tirar fuori roba dall’armadio mi suona il telefono. E’ Ramshji: “ Rajesh is ready. Come now!”

E niente, molla tutto. Rajesh si è liberato. Meglio, avrò più tempo dopo. Ci troviamo all’ingresso. La farmacia non è molto lontana. Rajesh si dirige verso una moto e guarda Irina che scuote la testa: “No, no, io non salgo lì con lui.”

Ma, ahimè, interviene Rameshji che ci invita a salire. Tutti e tre. 

Irina mi spinge sulla moto dicendo: “Così lo devi abbracciare tu” e poi monta dietro. Partiamo e ci troviamo proprio di fronte a un tuk tuk che sta arrivando dall’altra parte. Ma non faccio neanche in tempo a urlare. Rajesh lo evita e prosegue come se nulla fosse. Per fortuna la farmacia è davvero vicina.

Il resto del pomeriggio passa tra una giacca e l’altra. Purtroppo Mara non ha voluto prendere quella da sbarco sulla luna, lilla, catarifrangente, con le imbottiture. Trovare qualcosa di sobrio qui è impossibile, ma quella che ha trovato è quasi normale. Pazienza, avrei voluto atterrare a Malpensa in grande stile.

Mentre aspettiamo Rameshji per la consegna dei certificati di partecipazione sbuca una ragazza del gruppo del teacher training che ci dice che il bollitore deve rimanere nella stanza comune. Mi chiedo perché lo dica a noi. A chi potrebbe venire in mente di portarsi in camera il bollitore comune? Sto per intervenire, anche un po’ piccata, quando una vocina interiore mi dice di stare un passo indietro. Si apre l’ascensore e compare Cesario. Momento di silenzio. “Cesario, per caso hai tu il bollitore?”. Silenzio. 

Ramesh intanto mi dice di andare a mangiare, la consegna è rimandata.

A cena, il gruppo mi fa una sorpresa, una meravigliosa sciarpa che mi piaceva tanto, ma che stoicamente son riuscita a non comprarmi. Ho fatto fatica a non piangere, ma ce l’ho fatta.  

Dopo cena saliamo alla shala per il benedetto certificato, ma lui non c’è. Aspettiamo. Aspettiamo. Aspettiamo. 

Vabbè scendiamo, quando mi avvisa vi chiamo. Arrivo davanti alla porta della camera: “Tell them to certificate”.

Tutti di nuovo su. Sono stravolta.

In shala, mi consegna i certificati da consegnare. Li distribuisco, poi inizia il rito delle foto. Uno alla volta. Tutti quelli con il certificato perché hanno fatto ashtanga. Tutti indistintamente. Il video. Una trafila da matrimonio, ma ecco. Discorso finale, scusate se facciamo tanto riso, ma in India si mangia prevalentemente quello.

Siamo pronti. Tra poco si parte.

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