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Varanasi 2024

Mentre scrivo faccio fatica a ricordare se siamo partiti questa mattina o ieri sera. Come al solito il viaggio in India comincia a scombussolarti e scompigliare le carte da subito.

Tra una cosa e l’altra son pur sempre 12 ore di viaggio, farcite di controlli, code, attese, controlli, ancora controlli, contrattempi e… controlli. Insomma, tela devi sudare l’India. E questa volta parecchio. Partiamo da Milano alle 22 (ovviamente in ritardo di 1 ora) in piumino e arriviamo a Varanasi in orario a mezzogiorno. Da 8 a 40 gradi è un attimo.

 

Il viaggio è letteralmente volta. Ero così stanca che ho dormito per tutto il tempo, facendo un pit stop solo per nutrirmi e guardare la luna piena dal finestrino. Quando mi sono svegliata mi sono ritrovata sola all’Himalaya. Uno spettacolo incredibile, montagne innevate a perdita d’occhio.

Poi un po’ alla volta il paesaggio comincia a cambiare e ci troviamo a volare sopra una specie di moquette a riquadri sui toni del beige e del marrone. Anche in questo caso a perdita d’occhio.

Arrivati a Varanasi ci dirigiamo verso l’uscita per raggiungere il pulmino che è venuto a prenderci. Le porte scorrevoli si aprono e veniamo travolti da un’ondata di vento bollente, che non riesco neanche a descrivere. Mi immagino che questo sia l’effetto che provi quando un drago ti sputa in faccia. Ho le narici in fiamme. Il viaggio in pulmino è molto confuso. C’è l’aria condizionata, per cui mi addormento di nuovo, ma sarà stato più o meno 1 ora di viaggio. Soliti clacson, solita baraonda, ma devo dire che in luglio ce n’era molta di più. Quando usciamo dalla strada principale e cominciamo a fare le viuzze che portano al Gange, cala il silenzio. Sembra di essere in un altro mondo. A un certo punto ci fermiamo e vediamo l’autista scendere com un bastone:alle valigie sul tetto del pulmino si sono impigliati i cavi della corrente, che penzolano da un palo. Bene, ma non benissimo. Dopo un po’ di acrobazie ripartiamo per fare, letteralmente, gli ultimi 20 metri ed eccoci arrivati. Arrivano i ragazzi dell’ashram che ci accolgono a braccia aperte. Ed è un po’ come tornare a casa. Ci siamo stati solo 3 giorni qui, l’anno scorso, a luglio, ma la sensazione è quella.

L’asetto dell’ashram è cambiato da luglio. La vegetazione è più secca, c’è meno verde, però il caldo non è umido, per cui si riesce a respirare. Aria bollente, ma si respira.

Giretto della struttura, che stanno ampliando e migliorando, merenda nel patio con frutta fresca e succo di mela golden (ma chi se la ricordava così buona?!) e riposino. Domani cominceremo conte gite, oggi vita casalinga. Mi sveglio alle 18.35 e corro giù per l’arti, la puja per Śiva. Non me la voglio perdere, ci sono i cani che ululano, i tamburi, le campane e la conchiglia. E i ragazzi che cantano. Che emozione. Ho aspettato quasi un anno per rivivere questo momento, finalmente è arrivato e me leo godo tutto quanto, nonostante, tra il caldo e il sonno, mi senta completamente rintronata.

La cena è qualcosa di paradisiaco. I pappadum e i roti più buoni di sempre. E poi nanna. Domani mattona alle 7 pronti per la pratica.

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